La trama:
Francesco, che da tempo soffre d’insonnia, decide di partecipare alla sperimentazione di un farmaco che sembra in grado di guarire il suo disturbo. Come unico effetto collaterale, strani sogni concatenati fra loro e impossibili da dimenticare. Francesco fa subito amicizia con gli altri pazienti: Valentina, da cui si sente profondamente attratto, Giuseppe, che per problemi economici finirà per trasferirsi in casa sua, e Livia, timida e insicura. Iniziata la cura, arriva il sonno e i sogni, che lo portano a vagare di notte per le vie di una città sconosciuta in compagnia di una ragazza misteriosa, Rebecca, a contatto con una realtà degradata e disumana. Finendo con l’assistere a efferati omicidi. Passano i giorni e Francesco scopre che anche Livia assiste in sogno agli stessi delitti. E Giuseppe è convinto che quei delitti in realtà… Nel frattempo, in una casa di campagna, un bambino è costretto ad affrontare la follia della madre, che, persi marito e figlie in un incidente automobilistico, intende far rivivere in lui le sorelle scomparse. Perché Francesco e Livia sognano gli stessi delitti? È vero ciò che Giuseppe ha scoperto sugli omicidi? Cosa rappresenta la città del sogno? Chi è Rebecca? Come mai il farmaco scatena questi sogni? Perché i medici preferiscono che fra i pazienti non intercorrano rapporti? Cosa ha a che fare il bambino con Francesco? Tutte domande cui bisogna rispondere prima che finisca la cura. Altrimenti...
Riconoscimenti:
Diploma di Merito quale Finalista al Premio "Argentario" (2020).
Premio Speciale Narrativa Giallo/Thriller al Premio "Residenze Gregoriane" (2020).
Terzo posto al Premio "Samnium" (2021).
Opera selezionata al Premio "AlberoAndronico" (2020).
Menzione d'Onore al Premio "Voci - Città di Roma" (2021).
L'incipit:
Ci mancava pure la pioggia. Non bastava il vento, che dalle prime ore del mattino imperversava nella valle, costringendo le cime degli alberi e l’erba nei prati a inchinarsi al suo passaggio. Un vento gelido, che prima spazzava via le foglie lungo il vialetto che dal cancello conduceva al portico e un attimo dopo tornava a ricoprirlo di altre foglie, cadute da rami che si agitavano continuamente, in un incessante girotondo senza senso. Quel vento ostile faceva cigolare il cancello, che qualcuno aveva dimenticato aperto, e sibilando s’insinuava dentro casa, approfittando delle fessure tra le finestre e il muro. Ormai da più di un’ora, insieme all’oscurità, che dal bosco si era mossa per prendere possesso, lenta e inesorabile, del giardino e poi della casa, era arrivata anche la pioggia, accompagnata dal rombo dei tuoni in lontananza. Sferzava i vetri senza sosta, con ritmo metallico colpiva la grondaia, lucidava il tavolo e i sedili in pietra nel giardino davanti al portico. E sempre più isolava la casa dal resto del mondo, avvolgendola in un velo d’acqua, in un tessuto di gocce che si svelava alla luce dei lampioni posti ai lati del cancello...