Dalla quarta di copertina:

“L’ansia
è una gran dama che se ne va in giro vestita di paure e con un
lungo strascico di stanchezza”. Quando Marco decide di dare una
svolta netta alla sua vita, separandosi dalla moglie e andando a
vivere in un’altra casa, non ha alcuna certezza, se non quella di
aver scelto l’unica strada possibile. Un matrimonio ormai privo di
passione, fatto di logore abitudini e futili incomprensioni; un rapporto, quello
con la figlia, da costruire ex novo; dover intraprendere una
strada nota eppure mai del tutto battuta. E poi l’amore, effimero e
solo sfiorato oppure concreto ma non riconosciuto, violentato da un’immagine
di sé da troppo tempo accettata e subita. Vittima e carnefice di
se stesso, solo col trascorrere dei mesi Marco acquisterà una
nuova consapevolezza. Oppure no, rimarrà ancora una volta impassibile
di fronte agli eventi, alle persone, ai sentimenti. A fargli compagnia
sempre, amico fedele e silenzioso, un taccuino su cui annotare
i suoi stati d’animo, quell’ansia che lo domina e che solo scrivendo sente di poter dominare.
Riconoscimenti:

Targa al Premio “Città di Cava de’ Tirreni” (2010).
Opera selezionata al Premio “AlberoAndronico” (2010).
Opera selezionata al Premio “AlberoAndronico” (2010).
L'incipit:

1998, primi di settembre: quindici mesi al 2000.
È passata da poco mezzanotte e su Roma piove ormai da più di due ore, una pioggia insistente che rinfresca l’aria dopo lunghe settimane trascorse nella morsa di un caldo polveroso e opprimente.
La via deserta è immersa nell’oscurità.
La luce fioca dei lampioni a stento rivela la fitta trama disegnata dalla pioggia. Si ode ovunque il ritmico tamburellare delle gocce d’acqua, che cadono indistintamente sulle foglie riarse degli alberi, sulle lamiere lucenti delle automobili, sull’asfalto infangato, sui vetri oscuri dei palazzi. Fra tutti gli edifici della via, uno in particolare spicca per la notevole altezza e l’imponenza della mole. Con i suoi sette piani svetta nettamente al di sopra delle altre costruzioni.
L’edificio è immerso nell’oscurità.
Fa eccezione una finestra al terzo piano, dalla quale filtra verso l’esterno un debole chiarore. Al di là del vetro si intravede la sagoma di un uomo intento a guardare fuori e il punto rosso della sua sigaretta.
Anche l’uomo è immerso nell’oscurità...
È passata da poco mezzanotte e su Roma piove ormai da più di due ore, una pioggia insistente che rinfresca l’aria dopo lunghe settimane trascorse nella morsa di un caldo polveroso e opprimente.
La via deserta è immersa nell’oscurità.
La luce fioca dei lampioni a stento rivela la fitta trama disegnata dalla pioggia. Si ode ovunque il ritmico tamburellare delle gocce d’acqua, che cadono indistintamente sulle foglie riarse degli alberi, sulle lamiere lucenti delle automobili, sull’asfalto infangato, sui vetri oscuri dei palazzi. Fra tutti gli edifici della via, uno in particolare spicca per la notevole altezza e l’imponenza della mole. Con i suoi sette piani svetta nettamente al di sopra delle altre costruzioni.
L’edificio è immerso nell’oscurità.
Fa eccezione una finestra al terzo piano, dalla quale filtra verso l’esterno un debole chiarore. Al di là del vetro si intravede la sagoma di un uomo intento a guardare fuori e il punto rosso della sua sigaretta.
Anche l’uomo è immerso nell’oscurità...